Lavorare per l’infanzia

img-7143 Ogni educatore è custode di un’infanzia: la sua, quella dei genitori che incontra e soprattutto quella dei bambini che accompagna.

Per questo l’educatore deve poter attivare dei processi di consapevolezza sulla sua vita e sulla sua professione, per offrirsi come principale modello di riferimento dei bambini.

Lavorare su questa dimensione, mettendosi in discussione in ogni occasione è un’opportunità di crescita personale e professionale.

Di questo vi ringrazio con tutto il mio cuore: siete coraggiosi, desiderosi di crescere con i vostri bambini e soprattutto ispirati.

Dietro ad un sorriso c’è tanto lavoro!

Grazie a tutto il mio staff per l’anno meraviglioso che avete saputo creare; un dipinto di felicità, colori e amore!

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Un ponte “educativo” tra Italia e Giappone

be0d0f45-5570-4d4d-ae5e-ec3c5a9f6bc1Da diversi anni ho avviato un proficuo interscambio culturale con insegnanti, dirigenti e personalità impegnate nelle politiche sociali giapponesi, con lo scopo di condividere strategie psico-educative rivolte a genitori e bambini nella fascia 0-6 anni, percorsi formativi per docenti di nido e scuola d’infanzia e linee programmatiche e organizzative per strutture socio-educative 0-6.

Scrivo di questo quinto appuntamento, avvenuto lo scorso 6 aprile, perché è stato speciale per una serie di motivi:

12464d65-4a05-43e9-ae7e-ec08130c10e6Il primo è legato al periodo dell’anno in cui è avvenuto, ovvero nel mese di aprile, che nella vita e nella cultura giapponese è davvero magico. È il mese della fioritura del Ciliegio, Sakura, fiore dal grande valore simbolico, significa, infatti, gentilezza e primavera. Il ciliegio è anche il simbolo del Giappone e la sua fioritura rappresenta uno degli eventi più importanti della primavera. Il ciliegio possiede una bellezza elegante, sobria e rappresenta perfettamente la caducità della vita, con la sua fioritura breve ma intensa, riassume perfettamente la vanità di ogni cosa: gioventù e bellezza, fama e ricchezza. Hanami, la rituale gita fuori porta per assistere alla fioritura, è una delle tradizioni più sentite dai giapponesi. Dal punto di vista simbolico, dunque, il mese di aprile acquista valore di rinascita, un bell’auspicio per l’educazione, non a caso la scuola in Giappone ha inizio in questo mese.

Il secondo motivo è rappresentato dal fatto che questa volta, la richiesta è pervenuta da parte di quattro donne, tutte membri delle Prefetture giapponesi.

71ad55e9-f871-4e69-9579-964614974b40Il Giappone è suddiviso in 47 Prefetture, ovvero unità amministrative. Il ruolo dei membri delle prefetture, è prevalentemente di tipo politico e si caratterizza dall’offrire alla popolazione residente, informazioni, formazione e orientamento su vari aspetti: economico, lavorativo, occupazionale, imprenditoriale, benessere, istruzione, salute e territorio. Tomoki Yamada (nella foto) per esempio è al suo terzo mandato del Consiglio di Assemblea della Prefettura di Nagasaki (una regione che ha 1,5 milioni di abitanti), è una donna molto impegnata a livello politico, è presidente del Comitato Speciale per il declino della popolazione e misure per l’occupazione economica. È fortemente coinvolta nella promozione del benessere e dell’educazione dei bambini.

50911fb7-e19b-4592-977d-be0bafd6a5c3Il suo impegno verso l’infanzia e il mondo educativo è centrale nella sua azione politica, i suoi slogan sono: investire nell’educazione dei bambini; proteggere la crescita e l’apprendimento di coloro che rappresentano il futuro di Nagasaki; incoraggiare lo studio, l’autosufficienza di persone con disabilità “nel corpo o nel cuore” (in Giappone fortemente stigmatizzate); investire nella creazione di ambienti in cui i bambini possano nascere e crescere con la massima tranquillità; sostenere i progetti e le società di supporto genitoriale; accrescere il sistema di formazione e trattamento degli insegnanti di scuola materna; promuovere l’educazione della prima infanzia; aumentare il numero di strutture di asilo nido; migliorare il trattamento delle educatrici e l’ambiente educativo; promuovere la scuola privata per coltivare personalità ricche; implementare le condizioni e le capacità di crescita dei figli. Anche le altre tre personalità presenti all’incontro, Inoue Kiyoko, Keiko Hakuishi, Yamada Tomoko, hanno ruoli analoghi nelle prefetture di Shimane e Miyazaki.

109119e7-edba-4605-abfe-a977b798e43fCiò che rende ogni volta speciale questi incontri va rintracciato nella ricchezza dello scambio tra due culture e stili di vita così lontani e al tempo stesso così complementari.

Lo stile di vita e la cultura giapponese, verso i quali nutro curiosità e ammirazione, mi hanno sempre ispirato ed avere l’occasione di confrontare il mio lavoro, i miei studi e le mie ricerche con donne cosi impegnate e motivate a migliorare la qualità della vita di bambini e genitori mi rende felice e grata per questa opportunità e soprattutto disponibile a condividere conoscenze e strategie d’intervento, convinta che il dialogo e il confronto siano l’unica strada per crescere nella vita come nel lavoro ed investire nel futuro.

bf55e8a3-d2d3-456f-9dd8-0dd5569c1df8I giapponesi godono di un alto standard di vita, quasi il 90% della popolazione si considera parte della classe media, tuttavia molti studi indicano un basso livello di felicità e di soddisfazione, rispetto alla maggior parte del mondo altamente sviluppato.  I giapponesi sono insoddisfatti della loro vita, il tasso di suicidi è il più alto al mondo (16,7 ogni 100 000 abitanti nel 2017). Questo stato di malessere nella popolazione è stato analizzato da un noto psicoanalista giapponese Takeo Doi (1920– 2009) nel suo libro Anatomia della dipendenza, dove cerca di spiegarne le ragioni, imputandolo al concetto di amae. Amae è un sostantivo usato come parola-chiave per spiegare il comportamento di una persona che cerca d’indurre un genitore, un coniuge, un insegnante o un superiore, a prendersi cura di lei. Il comportamento dei bambini verso i genitori è  l’esempio più comune di amae. Nel mondo occidentale, le pratiche educative,  cercano di interrompere questo tipo di dipendenza nei bambini, mentre in Giappone questa dipendenza continua fino all’età adulta. In Giappone, infatti, il rapporto tra madre e bambino implica che costituiscano un tutt’uno. L’amae è quel sentimento che il bambino prova quando comincia a differenziare sé stesso dal corpo della madre, ma allo stesso tempo sente la sua vicinanza come indispensabile per la sua sopravvivenza.

f08efb66-a97a-4159-a62d-2fdaa3f3bf2aQuesta premessa spiega la natura e la misura del nostro confronto, durante il quale abbiamo dapprima discusso delle diverse culture pedagogiche a confronto: italiana e giapponese, per poi rappresentare scenari psico-pedagogici e prassi educative che possano fare da ponte a due modi così diversi di allevare bambini, con qualche affinità e molte contraddizioni.

L’educazione giapponese è permissiva e indulgente, il comportamento materno è di completa dedizione ed iperprotettivo; il bambino, crescendo, assorbe la consapevolezza della bontà della madre, del suo sacrificio, maturando un sentimento di obbligo nei suoi confronti, che successivamente verrà trasferito in ogni relazione sociale. Anche l’educazione italiana è empatica e responsiva rispetto ai bisogni dei figli, ma appare più equilibrata e adatta ad accompagnare il bambino verso una graduale autonomia, rafforzandone la fiducia e la sicurezza. Mentre il “saper fare” in Giappone è molto incentivato, fin dalla primia infanzia; negli asili i bambini si occupano di ripulire gli spazi dopo le attività, nelle mense scolastiche servono i pasti e lavano i piatti, e dunque, molto efficace per promuovere comportamenti responsabili e pro-sociali. Nella nostra Italia, pur essendo la patria di Maria Montessori, antesignana di questa pratica, è ancora molto difficile l’implementazione di un tale modello pedagogico, così focalizzato sulla responsabilità individuale e l’attenzione al prossimo.

c7f7a17a-7594-4c9c-954c-b09bef219736Questo confronto ci ha condotto a convergere su un nuovo mandato che devono assumere le strutture socio-educative (asili nido, scuole dell’infanzia, istituti scolastici) ovvero quello di accompagnare bambini e genitori verso una crescita comune, con lo sguardo strettamente rivolto ai veloci cambiamenti della società in cui essi sono inseriti.

Parte del nostro tempo è stato dedicato ai bisogni di bambini con disarmonie o difficoltà dello sviluppo, in forte crescita anche in Giappone, dove peraltro vige una politica sanitaria fortemente orientata al trattamento obbligatorio, con prescrizioni prevalentemente di tipo farmacologico, con conseguente etichettamento e stigmatizzazione.

e6ba1fb5-1be9-466d-8087-d1b1d367cf33L’auspicio che abbiamo condiviso è stato quello di far confluire il nostro lavoro verso un’attenzione crescente per lo sviluppo socio-emotivo dell’individuo, che resta a livello globale, l’unica vera rivoluzione, in un mondo in vorticoso cambiamento, nel quale educazione e istruzione non possono che convergere la propria azione nella costruzione di competenze e abilità socio-emotive piuttosto che investire prevalentemente nello sviluppo di conoscenze e abilità cognitive della Persona.

Perla Boccaccini

 

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La festa del papà

whatsapp-image-2018-03-19-at-16-08-11“Credo che si diventi quel che nostro padre ci ha insegnato nei tempi morti, mentre non si preoccupava di educarci”

Questa frase di Umberto Eco, mi offre l’opportunità di aprire il seminario:       “A Me Mi Piace…fare il papà” in programma oggi presso il Centro Polifunzionale A Me Mi Piace andare all’asilo.

Il ruolo paterno si è molto trasformato negli ultimi tempi, conducendo il “papà contemporaneo” a vivere con grande partecipazione e coinvolgimento l’arrivo di un figlio. Questo cambiamento non è stato adeguatamente affiancato da spazi di riflessione e sostegno, a differenza di quanto, ormai, accade per la funzione materna. Per questa ragione ho pensato di ricavare un breve incontro, condotto dal dott. Flavio Incarbone, (Giornalista, Dottore in Psicologia, esperto di nuovi media e relazioni interpersonali) rivolto ai soli papà, capace di arricchire di nuovi spunti il percorso di crescita, rinnovandolo di risorse ed opportunità.

IMG-5231Volendo cogliere uno, tra i tanti spunti di riflessione che toccheremo oggi, partirei dalla considerazione che, se c’è qualcosa di negativo del nostro tempo è l’assenza di modelli. Questa frase è ricorrente nella sfera dell’analisi sociologica e psicologica della genitorialità. Il modello, infatti, ispira, plasma, orienta, guida. Ma se c’è qualcosa di positivo nel nostro tempo è l’assenza di modelli, perché la mancanza di un percorso, di una guida, ci spinge alla ricerca, all’osservazione, all’ascolto e alla ricerca dentro di noi di una strada, originale, autentica, personale. La ricerca autonoma e non orientata è più complicata ma indubbiamente trasformativa.

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Pertanto oggi non vi insegneremo a fare i padri, non cadremo in questa tentazione, perché nessuno è in grado di insegnarlo. Forse i migliori maestri potrebbero essere i vostri figli. Ma mi raccomando non cadete anche voi nella tentazione d’insegnar loro, perché impareranno di più dal vostro amore e da ciò che farete nei tempi morti, quando non vi preoccuperete di educarli.

Perla Boccaccini

img-5230Attenti, curiosi, interessati, silenziosi nella prima parte più teorica e descrittiva. Poi incalzanti, pronti a fare domande, sollevare dubbi, cercare di dare risposte nel momento del confronto. È vero: come dice la dott.ssa Perla Boccaccini, i papà non devono cadere nella tentazione di insegnare ai propri figli, perché questi ultimi apprendono molto più dall’amore spontaneo e scevro della preoccupazione di educarli. Così come è altrettanto vero che una cosa, oggi, questi numerosi padri riuniti per la prima volta tutti insieme l’hanno insegnata a noi: a loro piace fare i papà, lo vogliono, lo desiderano, sono pronti a mettersi in gioco oltre che a giocare – e a giocare con sempre più amore – con i propri bambini.

Perché meno educazione e più amore? Probabilmente educare nel senso più stretto del termine significa da ultimo limitare dall’“esterno” quello che è il potenziale aperto di un bambino. Mentre con l’amore si rinforzano emotivamente – all’“interno” – adattamento, crescita, sicurezza.

Perché l’assenza di modelli può essere presenza di ricerca, sperimentazione e crescita? Perché ogni figlio, così come ogni genitore, è unico di fronte alla vita. Non si può evitare il confronto con se stessi: è necessario cercare di capire chi siamo come persone, come partner, come genitori. Né è possibile delegare questa straordinaria responsabilità, appunto, a un modello…

E anche qui sono ancora loro, i nostri bambini, a venirci incontro: “… i figli, se osservati e ascoltati, sono risorse relazionali straordinarie: ritrovare un padre vero, e non una mera funzione, è un’esperienza di crescita fondamentale per un figlio e ciò rende più fruibile anche il pieno materno, alleggerito finalmente da antiche funzioni vicarianti” (M.Andolfi).

Conoscere i propri limiti e le proprie risorse permette infine di prendere le giuste misure verso una società sempre più tecnologica, digitale, smartphone-centrica, sicuramente più “veloce” ma allo stesso tempo più alienante. Se i papà, anche se in molti casi ancora un po’ troppo analogici, riescono a rappresentare un vero punto di sicurezza per i propri figli – a partire appunto dal proprio amore – questi ultimi possono contare su una solida base per qualsiasi altra difficoltà.

Tutto ciò e tanto altro ancora i presenti al seminario “A Me Mi Piace… fare il papà” lo hanno compreso. Anzi, ce lo hanno fatto capire. Ed è per tale motivo che questo è solo un arrivederci…

PS: un grazie anche a tutte quelle mamme che hanno suggerito o convinto alcuni di loro ad essere qui. Tifare per i propri mariti e viceversa significa infatti fare un gioco di squadra per far crescere bambini felici.

Flavio Incarbone

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Inserimento in asilo

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Cari mamme e papà, il rientro dalle vacanze e la ripresa del lavoro rappresentano già due momenti molto difficili da affrontare, a causa del forte stress che procurano, se aggiungiamo anche il primo inserimento in asilo del vostro bimbo, la situazione può prendere connotati davvero esplosivi, ecco allora un breve decalogo che contiene alcune strategie psicologiche che vi suggerisco per gestire al meglio la prima esperienza di ambientamento in comunità educativa del vostro cucciolo, nate dalla gestione dei tanti inserimenti e colloqui di supporto ai genitori che ho effettuato nei miei numerosi anni di militanza negli asili nido e che mi auguro possano rappresentare per voi una preziosa opportunità di crescita personale e genitoriale.

Buona lettura e soprattutto buon inserimento!

Perla Boccaccini

1. Spiega a tuo figlio che andrà all’asilo, meglio se sotto forma di piccolo racconto, anticipando le esperienze che farà, come incontrare altri bambini, conoscere nuovi spazi e persone di riferimento.

2. Controlla le tue emozioni. I bambini hanno un’intelligenza emotiva sorprendente, sono in grado di sintonizzarsi con gli stati emotivi dei propri genitori e se sei preoccupata/o o sfiduciata/o lui farà lo stesso. Cerca d’infondergli fiducia e positività per questa nuova esperienza.

3. Crea una routine che gli anticipi l’esperienza e allo stesso tempo lo rassicuri, come ad esempio preparare insieme lo zainetto con tutto il necessario, mettendoci anche suo gioco/oggetto preferito. Insomma un piccolo rito da ripetere tutte le mattine prima di andare in asilo che gli offra rassicurazione e senso di cura.

4. Rispetta i tempi di tuo figlio e quelli dell’asilo. Anche se le pressioni saranno tante (lavoro, organizzazione quotidiana, pianti del bambino, consigli ed esperienze di altri genitori…) imponiti di prendere tempo per ascoltare i bisogni di tuo figlio e di quelli del contesto in cui state vivendo l’esperienza; ricorda che non stai perdendo tempo, lo stai investendo e più ne investirai più questa esperienza ti sarà alleata, offrendoti la possibilità di riprendere in mano la tua vita, senza trascurare nessuno, ma rendendo felice te stessa/o e il tuo bambino.

5. Non giudicare te stessa/o, il bambino o il nuovo contesto. Impara a valutare criticità e potenzialità. Appuntati le osservazioni e valuta il grado di evoluzione delle stesse. Con la stessa razionalità parlane con la coordinatrice e con gli stessi educatori, li aiuterai a conoscervi e a compiere al meglio il proprio lavoro, sapranno fare altrettanto con te nel corso di questa importante esperienza di crescita senza mai farti sentire giudicata/o.

6. Saluta sempre tuo figlio, non scappare o nasconderti, fagli capire che tornerai presto e accertati che abbia capito. Se piange subito, rassicuralo, parlandogli dolcemente e dicendogli che tornerai presto.

7. Non ti chiudere in te stessa/o ma apriti a nuove relazioni, entra in contatto con altri genitori, condividendo le esperienze positive e cercando insieme di distrarvi dalle ansie e paure. Farete tante nuove amicizie e si aprirà un nuovo importante mondo di relazioni che vi accompagnerà per tanti, bellissimi anni.

8. Impara ad ascoltare te stessa/o. Se dovessi essere in balia delle tue emozioni ed ansie e a non riuscire ad entrare in relazione con gli altri, scrivi, tieni un diario dell’esperienza, ti aiuterà ad elaborare il dolore e la sofferenza di cui questa esperienza è evidentemente carica e a razionalizzare il tuo vissuto separandolo da quello di tuo figlio. Rileggendo i tuoi scritti imparerai a conoscerti meglio e crescerai come individuo, ora più che mai.

9. Quando giunge il momento di tornare a casa non fuggite via dell’asilo, cercate di trovare uno spazio tranquillo capace di accogliervi, come per esempio il giardino, per trascorrere serenamente qualche prezioso minuto.

10. Salutate insieme tutto il personale, ringraziandolo affettuosamente, aiuterai il tuo bambino a guardarlo con fiducia e ad affidarsi serenamente.

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Ingresso alla scuola Secondaria

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L’ingresso alla Scuola Secondaria (di primo e secondo grado) rappresenta un passaggio talmente importante da rimanere impresso nella vita di tutti noi. L’inizio di questo grado di scuola, infatti, coincide con una fase evolutiva molto delicata, la Preadolescenza (9/12 anni) prima e l’Adolescenza (13/18 anni) poi, periodo di sviluppo sul quale mi soffermerò per descrivere il delicato processo d’individualizzazione e di autonomia che si avvia in questa fase della vita.

Come ogni fase dell’età evolutiva, questo periodo, ha dei compiti di sviluppo ben definiti e che per il bambino comportano un grande impegno emotivo: le relazioni con i propri coetanei; l’acquisizione del ruolo sociale maschile e femminile; il rafforzamento dell’identità; l’accettazione dello sviluppo del proprio corpo; il conseguimento di una certa autonomia emotiva dai genitori e, più in generale, dagli adulti; la scoperta dei valori e la formazione di una coscienza etica a guida del proprio comportamento.

Nell’ambito cognitivo, il ragazzo inizia a sviluppare il pensiero ipotetico‐deduttivo, divenendo sempre più in grado di rappresentarsi le emozioni e gli stati d’animo dell’altro, cosa che in precedenza non era possibile (7/8 anni).

In questa fase, il ragazzo comincia a sviluppare l’empatia verso gli altri (abilità importantissima e che se non sviluppata adeguatamente, potrà condurre l’individuo a diverse problematiche di personalità e a risvolti psicopatologici oggi molti diffusi, sui quali ora, per brevità, non mi soffermerò), e contemporaneamente ad un pensiero critico verso tutto ciò che ha intorno, genitori e adulti compresi. Cresce di pari passo anche la curiosità verso l’ambiente extra familiare, vissuto come fonte di stimoli e nuove esperienze interessanti.

Nell’ambito emotivo, il ragazzo si rende conto gradualmente che i genitori non sono quegli esseri onnipotenti percepiti dal bambino e, con l’introduzione del pensiero critico, inizia un percorso di disillusione, attraverso il quale le figure genitoriali vengono spogliate dell’infallibilità attribuitagli durante l’infanzia. Spesso, il figlio mette in discussione anche la coppia genitoriale, che appare disorientata, interpretando il nuovo comportamento con un vero e proprio attacco personale. Si tratta, invece, di un processo naturale di distacco, che denota uno sforzo di crescita e di sana individualizzazione della persona. Tale processo, infatti, in situazioni di normale sviluppo psico‐affettivo, si conclude in un’età successiva con la formazione di una personalità con caratteristiche e connotazioni proprie, contenenti al loro interno elementi genitoriali (principi e sistemi di regole e valori) reinterpretati e fatti propri in modo assolutamente personale.

La difficoltà principale dei genitori, dunque, è quella di accettare che il figlio esca dalla loro sfera di influenza diretta, che si vada perdendo la relazione così com’era in precedenza, che il figlio cominci a prendere le distanze da loro attraverso scelte autonome e personali, talvolta non condivisibili. Tutto questo, naturalmente, non avviene improvvisamente o automaticamente ma attraverso fasi di allontanamento e crescita caratterizzate dalla richiesta di una sempre maggiore autonomia, di atteggiamenti spesso connotati da critica e dal conflitto, alternati a movimenti di riavvicinamento e di regressione.

Dalla descrizione di questa fase evolutiva, si deduce come l’ingresso alla Scuole Secondaria (di Primo e Secondo Grado) , rappresenti un momento molto delicato, in quanto parte attiva di questo processo d’individualizzazione. A Scuola si giocano momento delicatissimi, come il rapporto con i pari, la crescita della propria fiducia, il consolidamento dell’identità, l’indipendenza dai genitori. Insomma, si tratta di un banco di prova molto importante e delicato, che spesso coincide con l’abbandono dei vecchi compagni di scuola, la conoscenza di nuovi professori e di un nuovo ambiente. Tutto questo, può far emergere in un ragazzo numerose paure, che possono tramutarsi in ansia, ma la cosa più importante da fare e non minimizzare questi vissuti, anche se sembrano infantili, e nello stesso tempo, non enfatizzare questo momento di passaggio della loro vita, dandogli eccessiva importanza, caricandolo così di aspettative ed emotività.

Per aiutarvi a gestire questa fase, vi elenco alcune strategie psicologiche che mi auguro vi sosterranno e aiuteranno a gestire al meglio la nuova avventura:

- non alimentare la paura di dover studiare troppo e di non avere più tempo per giocare o per praticare lo sport preferito. Prendete coscienza del fatto che ogni ordine scolastico ed ogni forma di apprendimento, è dimensionata alla capacità di sostenerla e di ritenerla da parte dei ragazzi, il loro cervello ha delle capacità autonome di acquisizione delle informazioni, soprattutto se mediate dalla curiosità, pertanto anziché minacciarli o spaventarli, provate ad interessarli alla nuova esperienza, alle nuove materie e alla conoscenza dei nuovi professori, accrescendo il loro interesse;

- incentivate l’autonomia e la responsabilizzazione. In questa epoca, come abbiamo visto, i vostri figli cercheranno di rendersi autonomi, seppure con qualche difficoltà e contraddizione, aiutateli a fronteggiare gradualmente il desiderio di autonomia, mettendoli in condizione di testare la capacità di svolgere da soli nuovi compiti e assumersi nuove responsabilità, consolideranno in questo modo la fiducia in loro stessi e dunque anche la loro identità.

- accrescete un sentimento di appartenenza e fiducia verso la nuova esperienza scolastica. La scuola è stata orami scelta e non è più tempo di valutazioni. Apprezzate e sottolineate i punti di forza che le appartengono e che vi hanno portato a preferirla alle altre. Imparate a guardare le difficoltà che dovessero presentarsi con occhi costruttivi, offrendo al nuovo ambiente e ai docenti la possibilità di capire che ci sono aree di miglioramento, entrando in contatto con l’ambiente e avviando un’alleanza educativa con i docenti; mostrerete così a vostro figlio adeguate strategie per affrontare le difficoltà che a sua volta incontrerà, e le farà proprie, evitandosi, alle prime difficoltà, di prendere posizioni rigide e critiche, imparando gradualmente a risolvere da solo i suoi problemi, senza bisogno di chiedervi aiuto o peggio scoraggiandosi ed incrinando la sua autostima.

- sostenete le nuove amicizie. Aiutare vostro figlio ad entrare in contatto anche con il nuovo gruppo di pari. Cercate di accompagnarlo o riprenderlo più spesso possibile in questi primi giorni, senza diventare una presenza invadente o ingombrante, ma semplicemente cercando di conoscere il nuovo ambiente, questo vi permetterà di conoscere i genitori e aiuterete così vostro figlio a stabilire nuovi legami, magari offrendo la possibilità ai nuovi compagni di vedersi anche fuori scuola. Questo aspetto va curato soprattutto se il ragazzo ha avuto problemi relazionali nella vecchia scuola. Aiutatelo ad entrare in contatto con tutti i nuovi compagni della classe, evitando di avvicinarsi solo con i compagni che più gli somigliano, un meccanismo che solitamente accresce le difficoltà di natura relazionale, meglio aiutarlo a stringere amicizie anche con compagni che hanno interessi e abitudini molto diverse dalle sue, lo aiuterete ad aprire la sua mente e a esplorare nuovi interessi.

 

Infine, sorridete e guardate negli occhi i vostri ragazzi, vedrete sarà un successo!

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Giornata Mondiale della Salute

7th-april-world-health-day-2013L’Organizzazione Mondiale della Sanità (O.M.S.) dedica il 7 aprile ’15 alla Giornata mondiale della salute, caratterizzata quest’anno dallo slogan: from farm to plate, make food safe con cui si vuole contrastare la “mala alimentazione”.

Lo slogan ha negli intenti la volontà di garantire sempre più sicurezza nel settore alimentare, perché non solo una cattiva alimentazione genera disturbi come l’obesità ed il sovrappeso (causa principale d’ipertensione arteriosa, ipercolesterolemia e diabete), ma rappresenta anche un’insidia per la nostra salute molto più silente: la contaminazione degli alimenti causata da batteri, virus, parassiti e sostanze chimiche, moltiplicata dalla globalizzazione e dall’industrializzazione dei processi produttivi. L’OMS stima che siano oltre 200 le malattie causate da alimenti contaminati, cibi non abbastanza cotti, pesci inquinati.

196793_131086356963456_1184367_nIntervenire nella prima infanzia, rappresenta per me l’unico modo per offrire un imprinting bio-psico-sociale nella vita di un essere umano, condizionando positivamente le sue scelte future e dunque contribuendo a delineare uno stile di vita positivo e sano per sé e per la propria famiglia. I primi anni di vita di un bambino, sono quelli in cui anche i suoi genitori sono pronti a dei cambiamenti, sappiamo, infatti, che tutte le esperienze che viviamo sono trasformatrici (Bion 1962), ma l’esperienza di diventare genitori, in virtù della pregnanza emotiva e sociale, è certamente una delle esperienze più significative nella vita di un adulto, come dimostrato da uno studio preliminare del 2008 condotto da P. Manfredi (Università degli studi di Brescia), in cui emerge chiaramente che gli adulti ritengono che la nascita e la presenza di figli abbia promosso in loro dei cambiamenti positivi.

Copy-of-HealthLa corretta alimentazione, è l’unico strumento idoneo per contrastare il problema del sovrappeso e dell’obesità infantile, oltre che, come rammentato oggi dall’OMS, un’importante occasione per individuare alimenti potenzialmente pericolosi per la nostra salute, ma questa dimensione è fortemente condizionata dalla stile di vita della famiglia e dalle convinzioni che i genitori posseggono su ciò che rappresenta per loro una crescita salutare.  Per questa ragione è importante promuovere occasioni educative che coinvolgano i bambini e di riflesso i loro genitori. Opportunità progettate e concepite per offrire ai bambini nella fascia 0-6 anni, occasioni di svago, divertimento e apprendimento.

Questo è il mio impegno di psicologa della salute da oltre 15 anni, passato attraverso la progettazione e la realizzazione di luoghi competenti nella promozione del benessere, come gli asili nido e le scuole dell’infanzia che identifico come Centri di educazione per la salute e il benessere familiare (www.amemipiace.it e www.aquanienekid.com), o i Centri Estivi (Aquaniene Sport Club e Circolo Canotteri Aniene) e i Cooking Camp realizzati nei ristoranti family friendly (I Meloncini e La Ciclostazine Frattini di Roma); occasioni di svago oltre che un’importante opportunità di educazione e crescita, consapevoli che l’apprendimento ha ormai superato i confini della scuola e dei luoghi tradizionalmente ad essa associati, per irrompere in nuovi spazi e territori “Lifelong Learning” (Carta delle Città Educative, Barcellona 1990).

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Il Valore di una fiaba: Cinderella

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Vi aspettiamo per un pomeriggio da favola in compagnia di Cinderella e Dolce Alice…insegneremo ai bambini che con la dolcezza e la gentilezza si possono fare dei capolavori.

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C’era una volta, in un paese lontano, un gentiluomo vedovo che viveva in una bella casa con la sua unica figlia. Egli donava alla sua adorata bambina qualsiasi cosa ella desiderasse: bei vestiti, un cucciolo, un cavallo….. Tuttavia capiva che la piccola aveva bisogno delle cure di una madre. Così si risposò, scegliendo una donna che aveva due figlie giovani, le quali, egli sperava, sarebbero diventate compagne di giochi della sua bambina. 

La fiaba di “Cenerentola” (Cinderella) è un film del 1950 prodotto da Walt Disney basato sulla fiaba di Charles Perrault. 

La sua morale è il coraggio di restare fedeli ai propri sogni e di credere nel valore della propria vita.

La storia non racconta di un percorso di autoaffermazione, tenace e calcolatore o dell’espressione di un sogno narcisistico, ma descrive una speranza, un’autenticità paziente e coraggiosa esaltata dall’incontro e dal rispecchiamento di un’altra persona (il Principe azzurro), un amore capace di vedere in profondità e comprendere il vero valore della persona. La fiaba parla soprattutto a quei bambini costretti a crescere in situazioni di difficoltà e rifiuto, inseriti in storie di vita che possono sembrare apparentemente normali e ordinate. Suggerisce come essi possano conservare, malgrado tutto, il loro desiderio d’amore, il loro valore e la loro speranza.  Inoltre, essa ci dice che, nonostante tutte le contrarietà, un giorno riusciremo a realizzarci e a essere apprezzati per quello che siamo (E. Drewermann).

Di recente sulla favola si sono accesi nuovi riflettori, grazie alla versione portata nelle sale cinematografiche di tutto il mondo da Kenneth Branagh. Un racconto che delinea una supereroina moderna. Quello che colpisce in questa versione è il nome “Ella” derivato dalla scissione di Cinder-Ella, quasi a sottolineare la rottura avvenuta nella vita della protagonista, contrapposta in due esperienze affettive: la bambina felice e amata da mamma e papà e la ragazza declassata a domestica, schernita dalle sorellastre invidiose e piene d’odio.

L’analisi psicologica del personaggio operata da K. Branagh ci permette di rivivere per la prima volta, la storia di Cinderella con i due genitori ancora in vita, mostrandoci la possibilità che la bambina ha avuto di sperimentare una base sicura, esperienza fondamentale nella vita di ognuno di noi per costruire relazioni interpretazioni autentiche e fiduciose.  

La reazione alla sofferenza e al dolore rappresentano un altro importante spunto di riflessione di questa versione, che si svela nelle due protagoniste: Ella e la Matrigna. Entrambe, infatti, affrontano un dolore conseguente ad una perdita, ma reagiscono alla sofferenza in modo diverso, Ella ci mostra il senso del costrutto psicologico della “resilienza” cercando un autentico rapporto con sé stessa e con gli altri e trovando la forza per andare avanti e realizzare i propri sogni, mentre Lady Tremaine (La Matrigna), brama, invidiosa,  alla costante conquista di qualcosa che non troverà mai (perché celato dentro di sé), da sottrarre alla figliastra. 

Qui ritroviamo quel motivo fondamentale della fiaba che è quello di trasmettere sicurezza nel proprio futuro. Un processo di crescita, d’individuazione capace d’ispirare e infondere fiducia. 

L’ultimo aspetto,  molto vicino a ciò che studio e applico ogni giorno nel mio lavoro psico-educativo,  è rintracciabile nel testamento psicologico contenuto nelle parole della mamma di Cinderella: “sii gentile e coraggiosa” le fa promettere la donna in punto di morte, incastonando la virtù della gentilezza nell’esperienza di vita della figlia. Ma cosa rappresenta la gentilezza nella storia di Ella? Riconduco la gentilezza in quella abilità che noi psicologi chiamiamo “Empatia” una delle dieci Life Skills indicate dall’OMS (1993) come capaci di migliorare la nostra vita, quella capacità di trarre il meglio dai rapporti umani avvicinandoci agli altri, mettendoci nei loro panni. La gentilezza conduce Ella a provare dignità per sé stessa e per gli altri (io ti perdono, pronuncia alla fine della sua storia, rivolgendosi alla Matrigna), mostrandoci come la gentilezza può offrire senso e valore alle nostre vite. 

Perla Boccaccini 

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Vacanze con bimbi e cattive abitudini!

images-4Il momento delle vacanze è quello in cui ci si rilassa, si interrompe quella frenetica routine che molto spesso non ci permette di pensare e dialogare con i nostri figli.

Eppure proprio in vacanza, immersa in un’oasi di pace e bellezza tutta italica, mi ritrovo ad osservare famiglie con figli, piccoli e grandi, che a tavola, sempre più numerosi, accendono uno smartphone, un tablet o altri ritrovati tecnologici in grado di sopire ogni spinta vitale!

Non amo giudicare, perché la vita e la professione mi hanno insegnato che solo vivendo in prima persona un’esperienza la si può comprendere profondamente; allora utilizzo la comprensione empatica e tento di immergermi nel punto vita emozionale ed esperienziale di quel genitore che, seppure in vacanza, seppure servito, seppure inserito in un Family Hotel, decide per azzerare chissà quale imprevedibile pericolo, di annullare il proprio figlio.

images-5Perdonate la presunzione, la saccenza, l’arroganza che pongo in queste mie parole (anche io sbaglio tante volte nel mio agire di mamma, e per fortuna, ripeto a me stessa) ma è giunto il momento di dirvi, cari mamme e cari papà, che state ostinatamente commettendo un errore, perseverando senza accorgervene.

Mi appello, dunque,  al vostro ” pensiero critico” sperando di resuscitarlo!

Vi chiedo di accendere i vostri neuroni e quelli dei vostri figli e di contrastare queste malsane tentazioni, create ed indotte per trasformarci in consumatori passivi, divoratori inconsapevoli di tutta la spazzatura che ci circonda: il junk food, l’inclusione tecno-patologica, i fenomeni di massificazione.

Insomma, per continuare a dare sfogo al mio senso di frustrazione e sfiducia nel futuro dei nostri figli, prendo in prestito una frase di Andy Clark che mi auguro vi farà riflettere “I nostri cervelli rendono il mondo intelligente, così che possiamo essere scemi in pace”.

Tentando di rientrare nei ranghi e nei panni di psicologa, mi soffermo sui rischi di tali, inconsapevoli abitudini, nella speranza di recuperare la vostra fiducia e la vostra simpatia.

Accendere un tablet, uno smartphone o anche la Tv a tavola vuol dire rendere inconsistente il dialogo famigliare, diradarlo, inaridirlo o perderlo definitivamente e al contempo produrre una perdita d’interesse verso il cibo, annullando tutto il mondo propriocettivo della tavola, sbiadendo i colori ed insipidendo i sapori di ciò che mangiamo, svuotandolo del tono emozionale che Madre Natura gli ha donato, offrendoci come esperienza primaria l’allattamento.

Questo vuoto emotivo, esperienziale e propriocettivo non può che infoltire le fila di futuri uomini e donne alla spasmodica ricerca di qualcosa che non hanno e che non troveranno mai, con la conseguenza di renderli depressi e a volte bipolari fin dall’infanzia.

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Un cooking camp per i bimbi

Accademia di cucina del made in Italy per bambini

Accademia di cucina del made in Italy per bambini

Due sono gli obiettivi di #HappyYoungChef: diffondere la cultura alimentare di uno dei paesi, l’Italia,  più ricchi di tradizioni culinarie al mondo e promuovere un consapevole e corretto stile di vita nei giovani.

3GirlsBaking_2.jpg.opt414x206o0,0s414x206L’enograstronomia, che negli ultimi anni ha acquisito dignità accademica, declinata in una accezione ludico-educativa d’impronta montessoriana, svelerà i rapporti tra il territorio e le attività di coltivazione, trasformazione, commercio e consumo dei prodotti della nostra preziosa terra. L’obiettivo dell’accademia è quello di avvicinare i giovani al prezioso patrimonio “made in Italy”, con lo scopo di diffondere le ricette e i piatti ricchi di tradizioni culinarie.

429760_622344771116115_213713554_nTutte le più recenti indagini epidemiologiche condotte in Usa ed in Europa, evidenziano un sensibile aumento, negli ultimi 10-15 anni, delle condizioni di sovrappeso ed obesità in età evolutiva (sia in età scolare che in quella prescolare). Numerose ricerche dimostrano come  lo sviluppo dell’obesità infantile correla positivamente con il numero di ore trascorse davanti alla TV e ai videogiochi, all’apporto calorico derivante dai “cibi spazzatura” e dall’assenza dell’attività fisica. L’obiettivo dell’accademia di cucina Happy Young Chef è 945135_646947708655821_654811480_nanche quello di combinare un’azione educativa sui fattori di rischio per la salute promuovendo informazione sulla corretta alimentazione, stile di vita e attività fisica.

Il primo evento dell’accademia Happy Young Chef sarà il #SUMMER COOKING CAMP2014 che si terrà presso il Ristorante romano I Meloncini di via Tor di Quinto 55, che aprirà i battenti il prossimo 30 giungo e accompagnerà i bambini per tutte le vacanze estive fino alla riapertura delle scuole.

Oggi, 26 giugno dalle ore 18,30 un aperitivo inaugurerà l’apertura del Camp.

10322461_10203634817658323_2748603802458532385_nDurante il Camp, Educatori ed esperti animatori affiancheranno i cuochi del ristorante per immergere i bambini in una giornata fatta di esperienze culinarie, ma non solo; gli oltre 2000mq di parco attrezzato con impianti a norma (playground, campo di calcetto, carrucola, reti elastiche, etc.) si apriranno per le attività dei bambini dai 4 ai 12 anni ad esperienze di gioco all’aria aperta, sport e divertimento. I giovani si trasformeranno in cuochi e saranno coinvolti in alcune fasi della preparazione dei menù, stimolati 10391382_10203634820898404_7519733274041006742_ned incuriositi in questo modo a comprendere il prezioso mondo dei sapori, colori e attività contenuti nel piatto.

L’educazione è un processo naturale effettuato dal bambino, e non è acquisita attraverso l’ascolto di parole, ma attraverso le esperienze del bambino nell’ambiente – Maria Montessori. 

 

 

 

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Le telecamere negli asili nido

AquAnieneKidsIn questi giorni, dopo l’ennesima denuncia partita da alcuni genitori, a seguito dell’attività investigativa coordinata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano, è stato portato alla luce un nuovo caso di violenze sui minori, consumate, in quello che dovrebbe essere un luogo deputato all’educazione e al benessere dei bambini: “l’asilo nido”.

Purtroppo, solo l’ultimo di una triste e lunga serie.

L’asilo degli orrori, questa volta si trova nell’hinterland di Milano, a San Giorgio su Legnano. Coinvolta nelle violenze, sarebbe una donna, la direttrice di 40 anni, che continua a negare ogni accusa: «Nel mio asilo non succede nulla – continuava a ripetere – mi vogliono mettere in cattiva luce». Anche se le immagini diffuse in questi giorni, non lasciano molti dubbi.

Sempre in questi giorni, attraverso i numerosi canali comunicativi che contraddistinguono ormai il nostro tempo: social media, internet, televisione, radio, l’opinione pubblica si è stretta intorno al popolo di genitori, che richiede a gran voce l’installazione delle telecamere negli asili nido.

Non tutti sanno, però, che l’utilizzo di questa innovazione tecnologica è ritenuta illegittima dal Garante della Privacy e dunque l’uso, nella fattispecie, è assolutamente vietato!

IMG_3415Il motivo di questa irremovibile posizione è la seguente: “Sistemi di controllo così intrusivi come le webcam devono essere usati con estrema cautela perché, oltre a incidere sulla libertà d’insegnamento, possono ingenerare nel minore, fin dai primi anni di vita, la percezione che sia normale essere continuamente sorvegliati, come pure condizionare la spontaneità del rapporto con gli insegnanti. La tranquillità dei genitori non può essere raggiunta a scapito del libero sviluppo dei figli. Non possiamo, per placare le nostre ansie di adulti, trasformare la società in cui viviamo in un mondo di ipersorvegliati, a partire dai nostri bambini”.

Queste le parole di Antonello Soro, Presidente dell’Autorità garante per la privacy, attraverso le quali ha motivato il divieto all’uso generalizzato di webcam negli asili nido.

Ma, il popolo dei genitori, non si è arreso a questa coerente e ponderata posizione e si ostina a combattere una battaglia in cui il contendere, evidentemente di tutti, è il benessere e la tutela del minore. Ed è su questa scia che una mamma “di professione” come si definisce lei, Federica Funi, ha lanciato su Change.org una petizione on-line, firmata sinora da più di 5mila persone. Tutte interessate, evidentemente, a poter accedere ad un sito web (tramite password) per visionare le immagini in tempo reale della vita del nido frequentato dai figli.

La petizione è indirizzata al Garante per la Privacy e chiede che in ogni asilo d’Italia vengano installate delle telecamere in modo da vigilare sui bambini, “dato che gli episodi degli ultimi tempi rivelano comportamenti poco umani da parte delle maestre”. Il motto è prevenire è meglio che curare.

La questione della sicurezza dei bambini nei nidi, però, non è di facile soluzione. Ricordiamo il caso di Ravenna, dove il Garante per la Privacy, nel maggio dello scorso anno, ha dichiarato illegittime le telecamere installate nel nido “I Pargoli” di Ponte Nuovo e questo non rappresenta un caso isolato.

dott.ssa Perla BoccacciniDi tutta questa triste storia, però, c’è qualcosa che salverei ed è il riflettore che si è acceso sugli asili. Da anni, ho rivolto e declinato la mia professione di Psicoterapeuta, Specialista in Psicologia della Salute, a questo mondo, forse perché negli anni in cui ho svolto ricerca scientifica in ambito neonatale, ho scoperto l’importanza dei primi anni di vita nello sviluppo della Persona. Ho capito come le esperienze, fin dalle primissime ore di vita, siano in grado di condizionare la nostra esistenza, le relazioni interpersonali che disegniamo nel corso del nostro cammino, il modo in cui mettiamo a disposizione la nostra vita agli altri.

Da anni progetto e realizzo luoghi educativi, che chiamo Centri di Educazione alla Salute e al Benessere Familiare. Spazi in cui promuovo le Life Skills dei bambini e dei loro genitori, ma anche di coloro che, affiancano ogni giorno le famiglie: gli educatori!

IMGP0101Quella schiera di persone che mette a disposizione la propria vita per un’altra.

E, in questo momento così delicato, non bisogna offuscare questa preziosissima funzione, missione, professione.
Io, gli Educatori, li incontro ogni mattina, quando entro nel mio quartier generale, l’A Me Mi Piace andare all’asilo. Loro, quasi sempre, indossano il sorriso, anche se a volte capita di perdere gli strumenti, di faticare, di soffrire per una di quelle esperienze che la vita ci pone di fronte: un lutto, una delusione, un dolore, una malattia. Allora può succedere di perdere la capacità di regolare le proprie emozioni ed i bambini, che come piace dire a me “hanno le antenne” si accorgono di questa distrazione e non perdonano. Usano l’arma più semplice che hanno, quella di provocare una reazione e allora piangono, si lamentano, si oppongono, ed in quel preciso istante, si può aprire uno “spazio d’azione”, purtroppo non di pensiero (in cui cadono anche tanti genitori) in cui si perde un po’ di consapevolezza, di controllo e si “agisce” la propria frustrazione, la propria rabbia, il proprio dolore.

Non voglio adattare questa descrizione a ciò che è accaduto a Legnano, perché in quella occasione si è passati da un ambito di normalità ad uno di patologia. Voglio solo raccontare cosa accade alle tante brave, ispirate, professionali, devote e dolci educatrici, che ogni giorno regalano la propria vita ad un bambino. Penso che in quei momenti, che accadono probabilmente a tutti, uno sguardo esterno, può rammentare ciò che si sta facendo. Uno sguardo esterno, fosse anche una telecamera, può rappresentare una mano tesa, può ricordarci che abbiamo difronte un bambino, che non ha i nostri stessi strumenti, che non può difendersi, non può chiedere aiuto a nessuno. Un adulto invece lo può fare, può chiedere aiuto al collega, dicendoli che ha necessità di fare una pausa, può chiedere aiuto al coordinatore psicopedagogico, che potrebbe offrirgli nuovi strumenti pedagogici, può richiedere sostegno ad uno psicologo, che può offrirgli strategie idonee per affrontare quella difficoltà.

Ecco, io la penso così!

Io sono favorevole alle telecamere, nonostante tutti i rischi che riconosco e condivido con il Presidente Antonello Soro. Ma non avendole potute mettere negli asili che dirigo, ho ideato un’alternativa, l’uso delle vetrate. Ho inserito ampie vetrate, porte a vetri, pareti a vetri, oblò di vetri, trasparenze ovunque si potessero inserire, non per mettere i bambini in vetrina, ma per arginare il lavoro di sezione, per aprire lo spazio educativo agli altri, per offrire anche ai bambini, pur garantendogli un’idonea tranquillità e riservatezza, l’opportunità di conoscere l’asilo anche dietro al muro, conoscere i volti di tutte le maestre, di tutti i bambini, infondendo così un grande senso di appartenenza e familiarità. Per dare ai genitori, che nei miei asili sono i benvenuti a tutte le ore, l’opportunità di godere di un momento del proprio figlio che non tornerà. Ho la presunzione di credere di aver trovato “un modo” che non crea disagi a nessuno.

Ma certamente questo non è sufficiente!

A questo punto lancio una sfida al Governo, (poiché spesso la politica riempie i suoi slogan con il tema dei nidi) quella di darci prova di sostenere davvero un ambito preziosissimo, un patrimonio del nostro paese, della nostra cultura e soprattutto dei nostri cittadini, specie di quelli futuri: “rivedere la legge sull’uso generalizzato delle telecamere stilando un protocollo di utilizzo e co-finanziando l’installazione controllata delle medesime in tutti gli asili nido italiani”.

Credo che un utilizzo controllato, attraverso l’applicazione di un rigido protocollo, che contempli un “manuale d’uso” per i genitori, gli educatori e i dirigenti scolastici, possa rappresentare per la comunità educativa e non solo, un’opportunità di crescita, di responsabilizzazione e di consapevolezza.
Io la petizione l’ho firmata!
Perla Boccaccini

Fonti e approfondimenti

http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=682005

http://www.ilgiorno.it/legnano/cronaca/2014/05/12/1064140-maestra-arrestata-San-Giorgio.shtml

http://dirittodellavoro.diritto.it/docs/5089623-privacy-il-no-del-garante-all-uso-di-webcam-negli-asili-nido?source=1&tipo=news

http://www.garanteprivacy.it/home/autorita/garante

http://www.change.org/it/petizioni/si-alle-telecamere-negli-asili

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