Teoria della Mente e Diversità Culturale: Un Viaggio Attraverso la Competenze Sociali dei Bambini

43c7980c-5265-4bf7-8875-12472a617154La teoria della mente, definita come la capacità di attribuire stati mentali a se stessi e agli altri, è fondamentale per le interazioni sociali. Questa abilità consente ai bambini di comprendere e prevedere i pensieri, le emozioni e le intenzioni degli altri, facilitando la comunicazione e la collaborazione. Recenti ricerche hanno evidenziato come la frequentazione di ambienti educativi etnicamente diversificati possa influenzare positivamente lo sviluppo della teoria della mente nei bambini.

Teoria della mente e diversità culturale

Uno studio interessante di Smogorzewska et al. (2020) ha dimostrato che i bambini che frequentano classi inclusive, cioè classi che includono anche persone con disabilità, mostrano livelli più elevati di teoria della mente.

Questo suggerisce che l’interazione con individui che presentano diverse sfide e prospettive possa ampliare la capacità dei bambini di comprendere la mente altrui.

 

I benefici delle interazioni sociali

Basandosi su queste premesse, una recente ricerca condotta in collaborazione tra l’Università di Birmingham e l’Università di Pavia (Devine et al., 2024) ha indagato se le interazioni sociali con compagni di background culturali differenti possano giovare ulteriormente allo sviluppo della teoria della mente. Lo studio ha coinvolto 730 bambini inglesi di età compresa tra gli 8 e i 13 anni, sottoponendoli a vari compiti per misurare le abilità di teoria della mente, come il Silent Film Task (Devine & Hughes, 2013), lo Strange Stories Task (Happé, 1994) e il Triangles Task (Castelli et al., 2000).
Inoltre, gli insegnanti hanno compilato questionari per raccogliere dati sulle dinamiche della classe.

I risultati hanno rivelato che i bambini che frequentano classi etnicamente eterogenee, o che hanno almeno un amico di origine diversa, dimostrano capacità di teoria della mente superiori rispetto ai loro coetanei in ambienti meno vari.

Questo effetto è stato osservato attraverso diversi gruppi di genere, età ed etnia, confermando l’ipotesi dei ricercatori che la diversità culturale nell’ambiente scolastico può essere una potente risorsa per lo sviluppo cognitivo e sociale dei bambini.

Significativamente, lo studio ha anche verificato che queste interazioni sociali non conferiscono benefici cognitivi a livello generale, come abilità linguistiche o attentive, ma favoriscono specificamente lo sviluppo delle abilità di teoria della mente.

Questo indica che l’esposizione a diverse prospettive culturali stimola una comprensione più profonda e sfumata degli stati mentali altrui.

In sintesi, la ricerca di Devine et al. (2024) suggerisce che la varietà di prospettive offerte da un ambiente scolastico diversificato non solo arricchisce l’esperienza educativa, ma rappresenta anche un potente catalizzatore per lo sviluppo delle competenze sociali dei bambini.

 

L’importanza di promuovere inclusione e diversità nelle scuole

Le scuole che promuovono la diversità culturale e l’inclusione non solo preparano i bambini a vivere in una società globalizzata, ma coltivano anche le abilità necessarie per una comprensione empatica e profonda degli altri.

Come psicoterapeuta specialista in psicologia della salute ed esperta in strategie di apprendimento, ritengo che promuovere l’inclusione e la diversità all’interno della scuola non rappresenti solo una questione di giustizia sociale, ma anche di sviluppo cognitivo e soprattutto socio-emotivo.

L’evidenza scientifica riportata suggerisce, infatti, che un ambiente educativo eterogeneo può fungere da palestra naturale per la teoria della mente, preparando i bambini a interagire in modo più efficace e compassionevole con il mondo che li circonda.

 

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Lavorare per l’infanzia

img-7143 Ogni educatore è custode di un’infanzia: la sua, quella dei genitori che incontra e soprattutto quella dei bambini che accompagna.

Per questo l’educatore deve poter attivare dei processi di consapevolezza sulla sua vita e sulla sua professione, per offrirsi come principale modello di riferimento dei bambini.

Lavorare su questa dimensione, mettendosi in discussione in ogni occasione è un’opportunità di crescita personale e professionale.

Di questo vi ringrazio con tutto il mio cuore: siete coraggiosi, desiderosi di crescere con i vostri bambini e soprattutto ispirati.

Dietro ad un sorriso c’è tanto lavoro!

Grazie a tutto il mio staff per l’anno meraviglioso che avete saputo creare; un dipinto di felicità, colori e amore!

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Un ponte “educativo” tra Italia e Giappone

be0d0f45-5570-4d4d-ae5e-ec3c5a9f6bc1Da diversi anni ho avviato un proficuo interscambio culturale con insegnanti, dirigenti e personalità impegnate nelle politiche sociali giapponesi, con lo scopo di condividere strategie psico-educative rivolte a genitori e bambini nella fascia 0-6 anni, percorsi formativi per docenti di nido e scuola d’infanzia e linee programmatiche e organizzative per strutture socio-educative 0-6.

Scrivo di questo quinto appuntamento, avvenuto lo scorso 6 aprile, perché è stato speciale per una serie di motivi:

12464d65-4a05-43e9-ae7e-ec08130c10e6Il primo è legato al periodo dell’anno in cui è avvenuto, ovvero nel mese di aprile, che nella vita e nella cultura giapponese è davvero magico. È il mese della fioritura del Ciliegio, Sakura, fiore dal grande valore simbolico, significa, infatti, gentilezza e primavera. Il ciliegio è anche il simbolo del Giappone e la sua fioritura rappresenta uno degli eventi più importanti della primavera. Il ciliegio possiede una bellezza elegante, sobria e rappresenta perfettamente la caducità della vita, con la sua fioritura breve ma intensa, riassume perfettamente la vanità di ogni cosa: gioventù e bellezza, fama e ricchezza. Hanami, la rituale gita fuori porta per assistere alla fioritura, è una delle tradizioni più sentite dai giapponesi. Dal punto di vista simbolico, dunque, il mese di aprile acquista valore di rinascita, un bell’auspicio per l’educazione, non a caso la scuola in Giappone ha inizio in questo mese.

Il secondo motivo è rappresentato dal fatto che questa volta, la richiesta è pervenuta da parte di quattro donne, tutte membri delle Prefetture giapponesi.

71ad55e9-f871-4e69-9579-964614974b40Il Giappone è suddiviso in 47 Prefetture, ovvero unità amministrative. Il ruolo dei membri delle prefetture, è prevalentemente di tipo politico e si caratterizza dall’offrire alla popolazione residente, informazioni, formazione e orientamento su vari aspetti: economico, lavorativo, occupazionale, imprenditoriale, benessere, istruzione, salute e territorio. Tomoki Yamada (nella foto) per esempio è al suo terzo mandato del Consiglio di Assemblea della Prefettura di Nagasaki (una regione che ha 1,5 milioni di abitanti), è una donna molto impegnata a livello politico, è presidente del Comitato Speciale per il declino della popolazione e misure per l’occupazione economica. È fortemente coinvolta nella promozione del benessere e dell’educazione dei bambini.

50911fb7-e19b-4592-977d-be0bafd6a5c3Il suo impegno verso l’infanzia e il mondo educativo è centrale nella sua azione politica, i suoi slogan sono: investire nell’educazione dei bambini; proteggere la crescita e l’apprendimento di coloro che rappresentano il futuro di Nagasaki; incoraggiare lo studio, l’autosufficienza di persone con disabilità “nel corpo o nel cuore” (in Giappone fortemente stigmatizzate); investire nella creazione di ambienti in cui i bambini possano nascere e crescere con la massima tranquillità; sostenere i progetti e le società di supporto genitoriale; accrescere il sistema di formazione e trattamento degli insegnanti di scuola materna; promuovere l’educazione della prima infanzia; aumentare il numero di strutture di asilo nido; migliorare il trattamento delle educatrici e l’ambiente educativo; promuovere la scuola privata per coltivare personalità ricche; implementare le condizioni e le capacità di crescita dei figli. Anche le altre tre personalità presenti all’incontro, Inoue Kiyoko, Keiko Hakuishi, Yamada Tomoko, hanno ruoli analoghi nelle prefetture di Shimane e Miyazaki.

109119e7-edba-4605-abfe-a977b798e43fCiò che rende ogni volta speciale questi incontri va rintracciato nella ricchezza dello scambio tra due culture e stili di vita così lontani e al tempo stesso così complementari.

Lo stile di vita e la cultura giapponese, verso i quali nutro curiosità e ammirazione, mi hanno sempre ispirato ed avere l’occasione di confrontare il mio lavoro, i miei studi e le mie ricerche con donne cosi impegnate e motivate a migliorare la qualità della vita di bambini e genitori mi rende felice e grata per questa opportunità e soprattutto disponibile a condividere conoscenze e strategie d’intervento, convinta che il dialogo e il confronto siano l’unica strada per crescere nella vita come nel lavoro ed investire nel futuro.

bf55e8a3-d2d3-456f-9dd8-0dd5569c1df8I giapponesi godono di un alto standard di vita, quasi il 90% della popolazione si considera parte della classe media, tuttavia molti studi indicano un basso livello di felicità e di soddisfazione, rispetto alla maggior parte del mondo altamente sviluppato.  I giapponesi sono insoddisfatti della loro vita, il tasso di suicidi è il più alto al mondo (16,7 ogni 100 000 abitanti nel 2017). Questo stato di malessere nella popolazione è stato analizzato da un noto psicoanalista giapponese Takeo Doi (1920– 2009) nel suo libro Anatomia della dipendenza, dove cerca di spiegarne le ragioni, imputandolo al concetto di amae. Amae è un sostantivo usato come parola-chiave per spiegare il comportamento di una persona che cerca d’indurre un genitore, un coniuge, un insegnante o un superiore, a prendersi cura di lei. Il comportamento dei bambini verso i genitori è  l’esempio più comune di amae. Nel mondo occidentale, le pratiche educative,  cercano di interrompere questo tipo di dipendenza nei bambini, mentre in Giappone questa dipendenza continua fino all’età adulta. In Giappone, infatti, il rapporto tra madre e bambino implica che costituiscano un tutt’uno. L’amae è quel sentimento che il bambino prova quando comincia a differenziare sé stesso dal corpo della madre, ma allo stesso tempo sente la sua vicinanza come indispensabile per la sua sopravvivenza.

f08efb66-a97a-4159-a62d-2fdaa3f3bf2aQuesta premessa spiega la natura e la misura del nostro confronto, durante il quale abbiamo dapprima discusso delle diverse culture pedagogiche a confronto: italiana e giapponese, per poi rappresentare scenari psico-pedagogici e prassi educative che possano fare da ponte a due modi così diversi di allevare bambini, con qualche affinità e molte contraddizioni.

L’educazione giapponese è permissiva e indulgente, il comportamento materno è di completa dedizione ed iperprotettivo; il bambino, crescendo, assorbe la consapevolezza della bontà della madre, del suo sacrificio, maturando un sentimento di obbligo nei suoi confronti, che successivamente verrà trasferito in ogni relazione sociale. Anche l’educazione italiana è empatica e responsiva rispetto ai bisogni dei figli, ma appare più equilibrata e adatta ad accompagnare il bambino verso una graduale autonomia, rafforzandone la fiducia e la sicurezza. Mentre il “saper fare” in Giappone è molto incentivato, fin dalla primia infanzia; negli asili i bambini si occupano di ripulire gli spazi dopo le attività, nelle mense scolastiche servono i pasti e lavano i piatti, e dunque, molto efficace per promuovere comportamenti responsabili e pro-sociali. Nella nostra Italia, pur essendo la patria di Maria Montessori, antesignana di questa pratica, è ancora molto difficile l’implementazione di un tale modello pedagogico, così focalizzato sulla responsabilità individuale e l’attenzione al prossimo.

c7f7a17a-7594-4c9c-954c-b09bef219736Questo confronto ci ha condotto a convergere su un nuovo mandato che devono assumere le strutture socio-educative (asili nido, scuole dell’infanzia, istituti scolastici) ovvero quello di accompagnare bambini e genitori verso una crescita comune, con lo sguardo strettamente rivolto ai veloci cambiamenti della società in cui essi sono inseriti.

Parte del nostro tempo è stato dedicato ai bisogni di bambini con disarmonie o difficoltà dello sviluppo, in forte crescita anche in Giappone, dove peraltro vige una politica sanitaria fortemente orientata al trattamento obbligatorio, con prescrizioni prevalentemente di tipo farmacologico, con conseguente etichettamento e stigmatizzazione.

e6ba1fb5-1be9-466d-8087-d1b1d367cf33L’auspicio che abbiamo condiviso è stato quello di far confluire il nostro lavoro verso un’attenzione crescente per lo sviluppo socio-emotivo dell’individuo, che resta a livello globale, l’unica vera rivoluzione, in un mondo in vorticoso cambiamento, nel quale educazione e istruzione non possono che convergere la propria azione nella costruzione di competenze e abilità socio-emotive piuttosto che investire prevalentemente nello sviluppo di conoscenze e abilità cognitive della Persona.

Perla Boccaccini

 

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La festa del papà

whatsapp-image-2018-03-19-at-16-08-11“Credo che si diventi quel che nostro padre ci ha insegnato nei tempi morti, mentre non si preoccupava di educarci”

Questa frase di Umberto Eco, mi offre l’opportunità di aprire il seminario:       “A Me Mi Piace…fare il papà” in programma oggi presso il Centro Polifunzionale A Me Mi Piace andare all’asilo.

Il ruolo paterno si è molto trasformato negli ultimi tempi, conducendo il “papà contemporaneo” a vivere con grande partecipazione e coinvolgimento l’arrivo di un figlio. Questo cambiamento non è stato adeguatamente affiancato da spazi di riflessione e sostegno, a differenza di quanto, ormai, accade per la funzione materna. Per questa ragione ho pensato di ricavare un breve incontro, condotto dal dott. Flavio Incarbone, (Giornalista, Dottore in Psicologia, esperto di nuovi media e relazioni interpersonali) rivolto ai soli papà, capace di arricchire di nuovi spunti il percorso di crescita, rinnovandolo di risorse ed opportunità.

IMG-5231Volendo cogliere uno, tra i tanti spunti di riflessione che toccheremo oggi, partirei dalla considerazione che, se c’è qualcosa di negativo del nostro tempo è l’assenza di modelli. Questa frase è ricorrente nella sfera dell’analisi sociologica e psicologica della genitorialità. Il modello, infatti, ispira, plasma, orienta, guida. Ma se c’è qualcosa di positivo nel nostro tempo è l’assenza di modelli, perché la mancanza di un percorso, di una guida, ci spinge alla ricerca, all’osservazione, all’ascolto e alla ricerca dentro di noi di una strada, originale, autentica, personale. La ricerca autonoma e non orientata è più complicata ma indubbiamente trasformativa.

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Pertanto oggi non vi insegneremo a fare i padri, non cadremo in questa tentazione, perché nessuno è in grado di insegnarlo. Forse i migliori maestri potrebbero essere i vostri figli. Ma mi raccomando non cadete anche voi nella tentazione d’insegnar loro, perché impareranno di più dal vostro amore e da ciò che farete nei tempi morti, quando non vi preoccuperete di educarli.

Perla Boccaccini

img-5230Attenti, curiosi, interessati, silenziosi nella prima parte più teorica e descrittiva. Poi incalzanti, pronti a fare domande, sollevare dubbi, cercare di dare risposte nel momento del confronto. È vero: come dice la dott.ssa Perla Boccaccini, i papà non devono cadere nella tentazione di insegnare ai propri figli, perché questi ultimi apprendono molto più dall’amore spontaneo e scevro della preoccupazione di educarli. Così come è altrettanto vero che una cosa, oggi, questi numerosi padri riuniti per la prima volta tutti insieme l’hanno insegnata a noi: a loro piace fare i papà, lo vogliono, lo desiderano, sono pronti a mettersi in gioco oltre che a giocare – e a giocare con sempre più amore – con i propri bambini.

Perché meno educazione e più amore? Probabilmente educare nel senso più stretto del termine significa da ultimo limitare dall’“esterno” quello che è il potenziale aperto di un bambino. Mentre con l’amore si rinforzano emotivamente – all’“interno” – adattamento, crescita, sicurezza.

Perché l’assenza di modelli può essere presenza di ricerca, sperimentazione e crescita? Perché ogni figlio, così come ogni genitore, è unico di fronte alla vita. Non si può evitare il confronto con se stessi: è necessario cercare di capire chi siamo come persone, come partner, come genitori. Né è possibile delegare questa straordinaria responsabilità, appunto, a un modello…

E anche qui sono ancora loro, i nostri bambini, a venirci incontro: “… i figli, se osservati e ascoltati, sono risorse relazionali straordinarie: ritrovare un padre vero, e non una mera funzione, è un’esperienza di crescita fondamentale per un figlio e ciò rende più fruibile anche il pieno materno, alleggerito finalmente da antiche funzioni vicarianti” (M.Andolfi).

Conoscere i propri limiti e le proprie risorse permette infine di prendere le giuste misure verso una società sempre più tecnologica, digitale, smartphone-centrica, sicuramente più “veloce” ma allo stesso tempo più alienante. Se i papà, anche se in molti casi ancora un po’ troppo analogici, riescono a rappresentare un vero punto di sicurezza per i propri figli – a partire appunto dal proprio amore – questi ultimi possono contare su una solida base per qualsiasi altra difficoltà.

Tutto ciò e tanto altro ancora i presenti al seminario “A Me Mi Piace… fare il papà” lo hanno compreso. Anzi, ce lo hanno fatto capire. Ed è per tale motivo che questo è solo un arrivederci…

PS: un grazie anche a tutte quelle mamme che hanno suggerito o convinto alcuni di loro ad essere qui. Tifare per i propri mariti e viceversa significa infatti fare un gioco di squadra per far crescere bambini felici.

Flavio Incarbone

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Ingresso alla scuola Secondaria

scuola media

L’ingresso alla Scuola Secondaria (di primo e secondo grado) rappresenta un passaggio talmente importante da rimanere impresso nella vita di tutti noi. L’inizio di questo grado di scuola, infatti, coincide con una fase evolutiva molto delicata, la Preadolescenza (9/12 anni) prima e l’Adolescenza (13/18 anni) poi, periodo di sviluppo sul quale mi soffermerò per descrivere il delicato processo d’individualizzazione e di autonomia che si avvia in questa fase della vita.

Come ogni fase dell’età evolutiva, questo periodo, ha dei compiti di sviluppo ben definiti e che per il bambino comportano un grande impegno emotivo: le relazioni con i propri coetanei; l’acquisizione del ruolo sociale maschile e femminile; il rafforzamento dell’identità; l’accettazione dello sviluppo del proprio corpo; il conseguimento di una certa autonomia emotiva dai genitori e, più in generale, dagli adulti; la scoperta dei valori e la formazione di una coscienza etica a guida del proprio comportamento.

Nell’ambito cognitivo, il ragazzo inizia a sviluppare il pensiero ipotetico‐deduttivo, divenendo sempre più in grado di rappresentarsi le emozioni e gli stati d’animo dell’altro, cosa che in precedenza non era possibile (7/8 anni).

In questa fase, il ragazzo comincia a sviluppare l’empatia verso gli altri (abilità importantissima e che se non sviluppata adeguatamente, potrà condurre l’individuo a diverse problematiche di personalità e a risvolti psicopatologici oggi molti diffusi, sui quali ora, per brevità, non mi soffermerò), e contemporaneamente ad un pensiero critico verso tutto ciò che ha intorno, genitori e adulti compresi. Cresce di pari passo anche la curiosità verso l’ambiente extra familiare, vissuto come fonte di stimoli e nuove esperienze interessanti.

Nell’ambito emotivo, il ragazzo si rende conto gradualmente che i genitori non sono quegli esseri onnipotenti percepiti dal bambino e, con l’introduzione del pensiero critico, inizia un percorso di disillusione, attraverso il quale le figure genitoriali vengono spogliate dell’infallibilità attribuitagli durante l’infanzia. Spesso, il figlio mette in discussione anche la coppia genitoriale, che appare disorientata, interpretando il nuovo comportamento con un vero e proprio attacco personale. Si tratta, invece, di un processo naturale di distacco, che denota uno sforzo di crescita e di sana individualizzazione della persona. Tale processo, infatti, in situazioni di normale sviluppo psico‐affettivo, si conclude in un’età successiva con la formazione di una personalità con caratteristiche e connotazioni proprie, contenenti al loro interno elementi genitoriali (principi e sistemi di regole e valori) reinterpretati e fatti propri in modo assolutamente personale.

La difficoltà principale dei genitori, dunque, è quella di accettare che il figlio esca dalla loro sfera di influenza diretta, che si vada perdendo la relazione così com’era in precedenza, che il figlio cominci a prendere le distanze da loro attraverso scelte autonome e personali, talvolta non condivisibili. Tutto questo, naturalmente, non avviene improvvisamente o automaticamente ma attraverso fasi di allontanamento e crescita caratterizzate dalla richiesta di una sempre maggiore autonomia, di atteggiamenti spesso connotati da critica e dal conflitto, alternati a movimenti di riavvicinamento e di regressione.

Dalla descrizione di questa fase evolutiva, si deduce come l’ingresso alla Scuole Secondaria (di Primo e Secondo Grado) , rappresenti un momento molto delicato, in quanto parte attiva di questo processo d’individualizzazione. A Scuola si giocano momento delicatissimi, come il rapporto con i pari, la crescita della propria fiducia, il consolidamento dell’identità, l’indipendenza dai genitori. Insomma, si tratta di un banco di prova molto importante e delicato, che spesso coincide con l’abbandono dei vecchi compagni di scuola, la conoscenza di nuovi professori e di un nuovo ambiente. Tutto questo, può far emergere in un ragazzo numerose paure, che possono tramutarsi in ansia, ma la cosa più importante da fare e non minimizzare questi vissuti, anche se sembrano infantili, e nello stesso tempo, non enfatizzare questo momento di passaggio della loro vita, dandogli eccessiva importanza, caricandolo così di aspettative ed emotività.

Per aiutarvi a gestire questa fase, vi elenco alcune strategie psicologiche che mi auguro vi sosterranno e aiuteranno a gestire al meglio la nuova avventura:

- non alimentare la paura di dover studiare troppo e di non avere più tempo per giocare o per praticare lo sport preferito. Prendete coscienza del fatto che ogni ordine scolastico ed ogni forma di apprendimento, è dimensionata alla capacità di sostenerla e di ritenerla da parte dei ragazzi, il loro cervello ha delle capacità autonome di acquisizione delle informazioni, soprattutto se mediate dalla curiosità, pertanto anziché minacciarli o spaventarli, provate ad interessarli alla nuova esperienza, alle nuove materie e alla conoscenza dei nuovi professori, accrescendo il loro interesse;

- incentivate l’autonomia e la responsabilizzazione. In questa epoca, come abbiamo visto, i vostri figli cercheranno di rendersi autonomi, seppure con qualche difficoltà e contraddizione, aiutateli a fronteggiare gradualmente il desiderio di autonomia, mettendoli in condizione di testare la capacità di svolgere da soli nuovi compiti e assumersi nuove responsabilità, consolideranno in questo modo la fiducia in loro stessi e dunque anche la loro identità.

- accrescete un sentimento di appartenenza e fiducia verso la nuova esperienza scolastica. La scuola è stata orami scelta e non è più tempo di valutazioni. Apprezzate e sottolineate i punti di forza che le appartengono e che vi hanno portato a preferirla alle altre. Imparate a guardare le difficoltà che dovessero presentarsi con occhi costruttivi, offrendo al nuovo ambiente e ai docenti la possibilità di capire che ci sono aree di miglioramento, entrando in contatto con l’ambiente e avviando un’alleanza educativa con i docenti; mostrerete così a vostro figlio adeguate strategie per affrontare le difficoltà che a sua volta incontrerà, e le farà proprie, evitandosi, alle prime difficoltà, di prendere posizioni rigide e critiche, imparando gradualmente a risolvere da solo i suoi problemi, senza bisogno di chiedervi aiuto o peggio scoraggiandosi ed incrinando la sua autostima.

- sostenete le nuove amicizie. Aiutare vostro figlio ad entrare in contatto anche con il nuovo gruppo di pari. Cercate di accompagnarlo o riprenderlo più spesso possibile in questi primi giorni, senza diventare una presenza invadente o ingombrante, ma semplicemente cercando di conoscere il nuovo ambiente, questo vi permetterà di conoscere i genitori e aiuterete così vostro figlio a stabilire nuovi legami, magari offrendo la possibilità ai nuovi compagni di vedersi anche fuori scuola. Questo aspetto va curato soprattutto se il ragazzo ha avuto problemi relazionali nella vecchia scuola. Aiutatelo ad entrare in contatto con tutti i nuovi compagni della classe, evitando di avvicinarsi solo con i compagni che più gli somigliano, un meccanismo che solitamente accresce le difficoltà di natura relazionale, meglio aiutarlo a stringere amicizie anche con compagni che hanno interessi e abitudini molto diverse dalle sue, lo aiuterete ad aprire la sua mente e a esplorare nuovi interessi.

 

Infine, sorridete e guardate negli occhi i vostri ragazzi, vedrete sarà un successo!

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Giornata Mondiale della Salute

7th-april-world-health-day-2013L’Organizzazione Mondiale della Sanità (O.M.S.) dedica il 7 aprile ’15 alla Giornata mondiale della salute, caratterizzata quest’anno dallo slogan: from farm to plate, make food safe con cui si vuole contrastare la “mala alimentazione”.

Lo slogan ha negli intenti la volontà di garantire sempre più sicurezza nel settore alimentare, perché non solo una cattiva alimentazione genera disturbi come l’obesità ed il sovrappeso (causa principale d’ipertensione arteriosa, ipercolesterolemia e diabete), ma rappresenta anche un’insidia per la nostra salute molto più silente: la contaminazione degli alimenti causata da batteri, virus, parassiti e sostanze chimiche, moltiplicata dalla globalizzazione e dall’industrializzazione dei processi produttivi. L’OMS stima che siano oltre 200 le malattie causate da alimenti contaminati, cibi non abbastanza cotti, pesci inquinati.

196793_131086356963456_1184367_nIntervenire nella prima infanzia, rappresenta per me l’unico modo per offrire un imprinting bio-psico-sociale nella vita di un essere umano, condizionando positivamente le sue scelte future e dunque contribuendo a delineare uno stile di vita positivo e sano per sé e per la propria famiglia. I primi anni di vita di un bambino, sono quelli in cui anche i suoi genitori sono pronti a dei cambiamenti, sappiamo, infatti, che tutte le esperienze che viviamo sono trasformatrici (Bion 1962), ma l’esperienza di diventare genitori, in virtù della pregnanza emotiva e sociale, è certamente una delle esperienze più significative nella vita di un adulto, come dimostrato da uno studio preliminare del 2008 condotto da P. Manfredi (Università degli studi di Brescia), in cui emerge chiaramente che gli adulti ritengono che la nascita e la presenza di figli abbia promosso in loro dei cambiamenti positivi.

Copy-of-HealthLa corretta alimentazione, è l’unico strumento idoneo per contrastare il problema del sovrappeso e dell’obesità infantile, oltre che, come rammentato oggi dall’OMS, un’importante occasione per individuare alimenti potenzialmente pericolosi per la nostra salute, ma questa dimensione è fortemente condizionata dalla stile di vita della famiglia e dalle convinzioni che i genitori posseggono su ciò che rappresenta per loro una crescita salutare.  Per questa ragione è importante promuovere occasioni educative che coinvolgano i bambini e di riflesso i loro genitori. Opportunità progettate e concepite per offrire ai bambini nella fascia 0-6 anni, occasioni di svago, divertimento e apprendimento.

Questo è il mio impegno di psicologa della salute da oltre 15 anni, passato attraverso la progettazione e la realizzazione di luoghi competenti nella promozione del benessere, come gli asili nido e le scuole dell’infanzia che identifico come Centri di educazione per la salute e il benessere familiare (www.amemipiace.it e www.aquanienekid.com), o i Centri Estivi (Aquaniene Sport Club e Circolo Canotteri Aniene) e i Cooking Camp realizzati nei ristoranti family friendly (I Meloncini e La Ciclostazine Frattini di Roma); occasioni di svago oltre che un’importante opportunità di educazione e crescita, consapevoli che l’apprendimento ha ormai superato i confini della scuola e dei luoghi tradizionalmente ad essa associati, per irrompere in nuovi spazi e territori “Lifelong Learning” (Carta delle Città Educative, Barcellona 1990).

brochure

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Esperienze di Multiculturalità!

Educational SharingRitengo la Multiculturalità una grande opportunità del nostro tempo ed un Valore da trasmettere fin dall’Infanzia.
Oggi ho incontrato, presso L’A Me Mi Piace…andare all’asilo, la Prof.ssa Elisabeth Maria Trauer del Centro di Scienze dell’Educazione del Dipartimento di Metodologia di Insegnamento del Campus Universitario di Floranopolis – Brasile.

Confrontandoci sui nostri approcci metodologici e soprattutto condividendo esperienze (il vero valore della Multiculturalità) mi sono incantata ad ascoltare una sua esperienza con gli Indios brasiliani.Educational Sharing
La Prof. Trauer è impegnata, con la mente ed il cuore, in un progetto di promozione della lingua portoghese rivolto ai bambini delle tribù indigene brasiliane (con un modello a me molto caro: Hocus & Lotus).
Introducendo la metodologia alla popolazione indigena, si è trovata di fronte ad un cerchio umano, composto dai genitori di quei bambini indigeni, dietro ai quali erano posti i loro bambini. I genitori, così disposti, la esortavano ad applicare prima su di loro questa metodologia; solo dopo le avrebbero concesso il permesso di “toccare” i bambini.

Ho trovato questo racconto meraviglioso, per il valore profondo e simbolico che racchiude.
Ho deciso di pubblicarlo, perché ritengo, che nelle nostre radici, nella nostra natura e nel nostro nucleo più istintivo e profondo si celi la parte più saggia del nostro agire come genitori.
I genitori Indios brasiliani, sanno ancora come proteggere i loro bambini, posseggono quella saggezza ancestrale, che non perde di forza ed unione neppure di fronte ad una personalità legittimata dalla più alta autorità scientifica, ed in questo caso, senza toglierle dignità o autorevolezza, le hanno umilmente chiesto di sperimentare prima su di loro e solo dopo sui bambini. La “saggia” Elisabeth Trauer ha compreso con acume, profondità e rispetto il loro bisogno ed ha offerto loro il suo prezioso tempo!

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Il ruolo dello psicologo nelle strutture educative.

Il supporto degli Psicologi nelle Strutture Educative rappresenta un’opportunità per promuovere il Benessere Educativo, Infantile e Genitoriale.
La figura dello Psicologo è utile per informare, dare sostegno, mediare e supportare tutte quelle figure che ruotano intorno al bambino e che hanno il compito di educarlo, accudirlo e crescerlo nel migliore dei modi possibile.

Ma oggi i nostri bambini hanno davvero il miglior inizio possibile”? (Linee guida O.M.S. e UNICEF nel 1989)
La mia risposta è nel mio lavoro e nel tentativo di diffondere un nuovo Modello Psico-Pedagogico, capace di delineare e costruire Nuovi Contesti Educativi (asili nido, ludoteche, spazi insieme…) preparati per incidere positivamente sulla qualità dei bambini e delle loro famiglie; nei Percorsi di Formazione Genitoriale (Parent Coaching) e nella diffusione delle Life Skills (O.M.S.) nella Prima Infanzia.

Ritengo dunque il ruolo degli psicologi cruciale e certamente uno strumento per investire nell’Infanzia e nella Genitorialità: “perché i bambini di oggi saranno gli uomini di domani, ed investire nelle loro abilità vuol dire contribuire al futuro della nostra società”.

Suggerimenti ed opportunità su YouMamma con Perla Boccaccini.

http://www.youtube.com/watch?feature=player_detailpage&v=qxmaOPneYYQ

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